

Il lutto é un tema che ha appassionato filosofi teologi e artisti, sviscerato in molti dei suoi aspetti, nelle vicende umane assume dei significati molto diversi: un conto è la perdita di un nonno centenario aspettata, attesa, pensate ed un conto è la morte di un genitore per un bambino molto piccolo o la morte di un figlio.
Eppure in ognuno di questi casi, cosi lontani tra loro come esperienze soggettive, possiamo intravedere un sottofondo comune, delle reazioni cognitive, emotive e comportamentali che rendono il lutto un processo biologico, identificabile al di là delle differenze culturali, antropologiche e sociali.
Il lutto è un processo con delle radici evoluzionistiche: K. Lorentz descrive il comportamento di un’ochetta che ha appena perso il suo compagno come un comportamento identico a quello umano nel momento di una perdita.
Cambiano i rituali, i modi in cui il dolore può essere manifestato in termini di durata ed esibizione, ma la perdita di una persona amata suscita un profondo disagio negli esseri umani: a qualsiasi latitudine non esiste civiltà umana che non abbia sottolineato con un rituale collettivo il passaggio dalla vita alla morte, la ricerca di significato della morte e del senso della vita.
Fin dal paleolitico la pratica di sepoltura dei morti testimonia la risposta sociale al tema della perdita: Si tratta di una tappa fondamentale caratterizzata dall’adozione di un segno, unico ed eterno da contrappore all’evento ineluttabile della scomparsa.
La memoria è la soluzione psicologica all’interruzione dell’esistenza e al senso di incompiutezza della vita.
L’uomo è un animale sociale, il nostro cervello si è evoluto e ha la forma che ha nell’uomo sapiens xke predisposto alle relazioni sociali, può tenere a mente fino a 150 relazioni, e i rituali collettivi hanno una funzione importante per la psiche: permettono di contenere e organizzare, attraverso la condivisione, le emozioni intollerabili di perdita; aiutano chi resta.
La presenza di un compagno/ accompagnatore nei processi di lutto è un fattore protettivo.
L’elaborazione del lutto è un processo collettivo e la scomparsa di questi rituali, l’avanzare di una prospettiva privata di elaborazione del lutto comporta frequentemente difficoltà psichiche ed emotive.
E se da un lato la morte è sempre più accessibile attraverso i media, dall’altro le persone hanno una sempre minore famigliarità con la morte, è quasi diventata un tabù.
Inoltre bambini e ragazzi pur non avendo subito nessuna perdita sono bombardati da immagini di morti in tv. L’esperienza non è più quella diretta ma è l’esperienza virtuale, immaginaria e reversibile e quello che passa è dunque il concetto di reversibilità della morte e non una e vera e propria rielaborazione.
Come avrete notato pur nella sua infinita tristezza proprio nel lutto sembra trovarsi la piena conferma della dimensione relazionale su cui si fonda la natura umana.
E’ proprio il lutto a sottolineare quanto l’esistenza umana sia intersoggettiva e quanto i legami significativi e importanti della nostra vita possano in fondo solo trasformarsi e mai finire nel nulla. Nemmeno con la morte.
Ma come mai la perdita di una persona amata attiva quegli intensi sentimenti di tristezza, rabbia, smarrimento?
Da un punto di vista evolutivo il cordoglio sembrerebbe inutile, infatti fisicamente animali e persone in lutto sono meno predisposti alla riproduzione, il rischio di morte raddoppia nell’anno seguente alla perdita e si è meno produttivi tanto che in alcune popolazioni dell’Uruguay
i figli degli uomini morti in guerra, vengono a loro volta uccisi, perché le loro chance di sopravvivenza sono molto poche.
In realtà il cordiglio, essendo stato mantenuto dall’evoluzione ha una funzione ben specifica: quando sperimentiamo quella profenda tristezza legata alla separazione siamo più predisposti a non separarci dagli altri membri del gruppo e la vicinanza garantisce la sopravvivenza: ovviamente non la separazione da chiunque ma da colore che sono importanti per la nostra sopravvivenza e la sopravvivenza dei nostri geni.
La perdita delle figure di riferimento significative per i cuccioli dei nostri antenati significava morte sicura mentre per i genitori significava scontrarsi con il mandato evolutivo della specie: perdere il proprio patrimonio genetico. La predita di chi condivide il nostrp patrimonio genetico o può garantirne la sopravvivenza è una perdita enorme da un punto di vista della sopravvivenza della specie.
Da un punto di vista dell’evoluzione della mente invece la perdita della figura che si prende cura di noi implica la perdita di chi ci aiuta a costruire un senso del Sé e la percezione del mondo, aspetto che ci guiderà poi nelle relazioni future.
Capirete anche voi quindi come la perdita di una figura affettiva di riferimento possa disorganizzare il senso e la percezione del proprio sé.
Quando il lutto non viene rielaborato è importante cercare un aiuto che possa aiutarci a ricostruire il senso di noi stessi nel mondo e ci restituisca una bussola attraverso cui orientarci.
Se ti riconosci in uno di questi punti o conosci qualcuno che potrebbe aver bisogno di un aiuto specialistico, non esitare a contattarci!
Puoi scriverci una mail a centrolatartaruga@gmail.com, chiamarci o contattarci sui social media Facebook e Instagram.
Visita il sito http://www.centropsicolatartaruga.com per non perdere i nostri approfondimenti.
Giulia ha quarantadue anni e un figlio, Luca di otto anni.
Separata da quattro anni dopo un matrimonio di 10 anni, a seguito di un lungo periodo di litigi ed incomprensioni con l’ex marito.
Luca viene affidato consensualmente a lei poiché l’ex marito afferma “di avere poco tempo per seguirlo”.
Giulia ha iniziato una relazione da un anno con Antonio, a sua volta separato ma senza figli. Da un mese sono andati a vivere tutti e tre insieme. Iniziano però sin da subito i primi problemi. Luca, mette alla prova Anotnio. Il bambino ha sentimenti contrastanti: da una parte si sente spodestato dal ruolo di “maschio” della famiglia, dall’ altra pensa di dover proteggere la madre da un’ulteriore delusione. Antonio cerca prima di essere affettuoso, poi tenta di imporsi, dando anche delle regole.
Giulia inizia a sentirsi tra due fuochi: pensa di dover proteggere suo figlio, però non vuole perdere il nuovo legame che sente forte. Anche lei non sa come comportarsi, come una bilancia si sposta da una parte all’altra. Nel corso del tempo la nuova famiglia inizia a ricostituire confini, regole e routines e piano piano Luca impara a fidarsi di Antonio che diventa un nuovo punto di riferimento, un consigliere ed un amico.
Sono una nuova famiglia, che si trova ad affrontare i cambiamenti legati alla rottura e alla ricostruzione di nuovi legami.
Possiamo capire quanta flessibilità e capacità di adattamento devono avere tutti i componenti di questi nuclei familiari e quanto, nonostante il cambiamento culturale stia iniziando a dare i propri frutti, il cambiamento emotivo legato al concetto di famiglia allargata non è ancora stato interiorizzato.
Spesso la difficoltà che incontrano queste famiglie è quella di dover ricostruire una storia e una propria narrativa comune, integrando le relazioni passate. Il legame con la famiglia precedente non si rompe e ci si trova a fare i conti con gli intoppi legati all’integrazione delle famiglie d’origine siano essi nonni, zii, fratelli o cugini.
Ogni nuova famiglia trova le proprie strategie e ha il proprio tempo per affrontare queste nuove sfide e in molti casi la ricostruzione porta in sé importanti risorse relazionali.
Quando questo non avviene, a causa di grossi conflitti o a dinamiche relazionali invischiate è bene rivolgersi ad un professionista.
Puoi scriverci una mail a centrolatartaruga@gmail.com, chiamarci o contattarci sui social media Facebook e Instagram.
Visita il sito http://www.centropsicolatartaruga.com per non perdere i nostri approfondimenti.
Tra bisogno di vicinanza ed esplorazione l’adolescenza è un periodo a volte turbolento e fonte di cambiamenti.
Quando inizia l’adolescenza?
Avere in casa un ragazzo tra i 12 e 20 anni, perché sì, ormai l’adolescenza arriva prima e finisce dopo, è un po’come stare sulle montagne russe. O come dice un collega, Alberto Pellai, è come giocare al tiro alla fune.
Lasciare fare o imporre disciplina?
I ragazzi iniziano a tirare la corda sempre di più, vogliono più libertá, meno regole, meno “rotture” e il compito del genitore sta nel sapere quando lasciar vincere e quando, invece, bisogna tenere il punto.
Se un genitore è troppo rigido rischia di impedire al figlio di esplorare il mondo e di diventare un adulto non in grado di agire nel mondo e gestirne le conseguenze.
Quello che invece non dà mai confini rischia di lasciarlo senza una base sicura, in preda alle proprie insicurezze.
Giochi da equilibrista?
Il periodo dell’adolescenza è il periodo in cui si insegna ai figli la delicata arte della negoziazione e l’arma migliore per mamma e papà è la flessibilità.
Ecco qualche consiglio per aiutare i genitori a giocare al meglio questa faticosa partita:
Se desideri approfondire o desideri participare ad un gruppo per genitori di figli adolescenti, non esitare a contattarci!
Puoi scriverci una mail a centrolatartaruga@gmail.com, chiamarci o contattarci sui social media Facebook e Instagram.
Visita il sito http://www.centropsicolatartaruga.com per non perdere i nostri approfondimenti.